Edmondo Berselli e l’ economia giusta.

Ipotesi, domande che danzano immobili sul baratro della recente catastrofe monetarista, e risposte, risposte partigiane di un uomo che interpretò il suo ruolo di giornalista, di scrittore, appunto da partigiano, da uomo impegnato e pronto a decidere da che parte stare. Ecco chi fu Edmondo Berselli. Ed ecco il suo ultimo lavoro, edito postumo da Einaudi lo scorso settembre, L’ economia giusta. Il volumetto è agile, denso, ed ha quale epicentro narrativo la crisi finanziaria che iniziò a manifestarsi nell’ agosto del 2007. Berselli si muove con disinvoltura tra Marx e la Rerum Novarum di Leone XIII, la Thatcher con il suo triste epitaffio “la società non esiste”, Keynes, Hayek,  John Rawls e Robert Nozick.

L’ indagine mira a ricercare le cause della finanziarizzazione dell’economia, riassunta brillantemente dalla risposta ironica di Mickey Rourke a Kim Basinger nel film cult degli anni ’80 – Nove settimane e mezzo – “I make money by money”, faccio soldi con i soldi. Emblema e lapide ultima sul Novecento. 

E prosegue l’ indagine, prosegue giungendo al nodo rappresentato dal calo della propensione al consumo nelle mature società occidentali e alla carta ultima giocata da banche, multinazionali e fondi di investimento. Il ricorso al debito privato. La leva per sollevare il mondo, dei profitti.

Per sostenere la domanda di milioni di consumatori, si è deciso d’ invitarli a indebitarsi. Con i mutui subrime, le ipoteche sulla casa, le carte di credito revolving, con il credito al consumo. Mutui e debiti di cattiva qualità che sono poi stati cartolizzati e riciclati in prodotti finanziari tossici, che ben presto hanno avvelanato l’ intero circuito finaziario globale.

 E la sinistra, politica e culturale, in tutto ciò? Una comparsa, se non peggio, una complice della catastrofe. Incapace di dare convincenti risposte al quesito della redistribuzione della ricchezza, sempre più pressante in una società ormai polarizzata tra i pochi Marchionne e i tanti operai. 

Berselli poi prende a confronto i due principali modelli di produzione generati dal sistema capitalistico, quello americano e quello nipponico-renano, per evidenziarne pregi, in quello anseatico, e difetti, in quello yankee. Nei fatti la bussola del pensiero di Berselli non perde mai di vista il cattolicesimo sociale, e la sua traduzione nell’ economia sociale di mercato.  Il funzionamento del mercato che non può regolare da solo l’ insieme della vita sociale. Ed ecco Adenauer, Karol Wojtyla, De Gasperi e Schumann. E quindi i fattori di equilibrio esterni al mercato, bilanciato da elementi di politica sociale determinati a priori e di cui garante ultimo è lo Stato.  Scenario attuale? Una maggiore e più estesa povertà, o minore ricchezza…a piacere. Senza fronzoli, Berselli ci dice che dovremo adattarci ad avere meno soldi nel portafogli. Essere più poveri. La povertà che avanza. La parola maledetta. Le risposte? Uno stile di vita più lento, più slow, è un’ intelligenza e una umanità che trovano linfa in Bad Godesberg e nella Mercedes Benz.  Socialdemocrazia e cattolicesomo sociale. Il resto appartiene a noi.

Lascia un commento