Succede ad Aleppo, Domenico Quirico

Raccontare di una città che lentamente muore. Raccontare della sua agonia come l’agonia di un amico caro, di ossa carne nervi consumati nella morte che avanza. Inesorabile. Di occhi che si fanno freddi e vuoti e fissi. Che interrogano e ci interrogano. Per sempre. Ecco, Succede ad Aleppo di Domenico Quirico è un atto d’amore per una città agonizzante. Un atto d’amore che si fa libro, saggio e romanzo e poema allo stesso tempo. Quirico, giornalista e inviato di guerra, racconta la città e il conflitto che ha vissuto e osservato e respirato. E lo racconta come in un sapiente gioco di specchi, in cui riflette le immagini di una città assediata e morente a quelle dei suoi abitanti. E allora le case sventrate, le moschee collassate al suolo, i quartieri trasformati in mucchi di cemento e polvere sono il contraltare di uomini e donne e bambini strappati alla vita, di giovani rivoluzionari belli e irraggiungibili come solo tocca in sorte a tutti i giovani eroi e poi i combattenti jihadisti, sulfurei e intabarrati nelle tuniche colore della morte. E l’oscenità dello sfregio che nulla risparmia. L’innocenza tradita, i sogni infranti di una città e di chi la vive e la anima quotidianamente. Il suo respiro, il suo battito, le serrande dei negozi, i caffè profumati, le verdi colline che la circondano. Il vociare dei ragazzi e dei venditori ambulanti per le sue strade. I profumi e gli aromi del suo suk.

E ancora, le colpe di chi non ha impedito che Aleppo morisse straziata nelle carni e nell’anima. Le colpe dell’Occidente, l’aver abbandonato la rivoluzione borghese e liberale al regime di Bashar al-Assad in mano ai jihadisti sunniti è la condanna irrimediabile che si leva nelle pagine di Quirico. Pochezza, meschinità, viltà di una classe politica che non è riuscita ad impedire il martirio di una città e della sua anima, dei suoi abitanti. Una generazione, la nostra, che ha conosciuto sui libri Guernica, Stalingrado, Dresda, Sarajevo, Groznyi, oggi ha la sua colpa indelebile, oggi è Aleppo domanda e condanna per noi tutti. Aleppo è uno sguardo freddo e fisso nel vuoto, è domanda che si fa giudizio inappellabile. Aleppo, per sempre.

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